1 ottobre 2009

Abbazia di S. Maria in Gruptis (parte II)

Le rovine dell'abbazia hanno sempre stimolato la nostra curiosità: ogni volta che salivamo a Camposauro, rallentavamo per osservarla meglio, e per cercare con lo sguardo un percorso agevole per arrivarci. Ma quella presunta mancanza di interesse di cui parlavo precedentemente ci ha sempre scoraggiati, convinti che in fondo non ne valesse la pena. L'incentivo a fare un'esplorazione ravvicinata ci è stato dato dalla lettura di una guida del Parco, che descriveva brevemente l'abbazia. Una volta ottenuto il nome, è stato relativamente facile raccogliere informazioni al riguardo, soprattutto sul modo per raggiungere il luogo in questione. Inoltre, una leggenda riportata da alcune fonti narra di un fantomatico cunicolo che condurrebbe ad una stanza segreta all'interno della montagna: nonostante fossimo convinti della sua scarsa attendibilità, è stato un richiamo irresistibile.

Lasciata la macchina lungo la strada provinciale, iniziamo a scendere verso la piccola valle ai piedi del monte Pentime, seguendo una stradina asfaltata (stradina facilmente percorribile in auto, se il tratto iniziale, abbastanza sconnesso, non ci avesse dissuaso dal procedere). In lontananza si vedono le rovine dell'abbazia, a circa 2 km in linea d'aria (foto 1).

Foto 1. La distanza che ci separa dai ruderi dell'abbazia.

La strada prosegue quasi interamente in linea retta, terminando improvvisamente davanti ad un cancello: ci rendiamo quindi conto che bisognava imboccare il sentiero non segnalato incontrato un centinaio di metri prima. Intravedendolo a qualche decina di metri da noi, nel bosco, decidiamo di arrampicarci sul ripido pendio alla nostra destra anzichè tornare indietro. Raggiungiamo un punto in cui una piccola frana ha fatto letteralmente traslare un pezzo di sentiero verso il basso (foto 2), e ci abbiamo messo qualche secondo per capire cosa fosse successo, poichè la linea della frana era talmente netta che sembrava un gradino quasi fatto apposta.

Foto 2. La frana e i relativi effetti.

Proseguiamo lungo il percorso lastricato senza particolari difficoltà data la ridotta pendenza, salvo alcuni tratti più ripidi in cui piega su sè stesso per aggirare ostacoli o per scendere comunque di quota, dato che viaggia ben più alto del monastero. Il sentiero è comunque pulito e ben tenuto (a parte un albero caduto incontrato pochi metri dopo la frana), e l'escursione diventa quasi una passeggiata. Avvicinandoci alla meta, il terreno circostante diventa marcatamente roccioso, con presenza di enormi massi affioranti che creano piccole grotte e anfratti (del resto, il toponimo del monastero non è casuale). Arrivati in prossimità dei ruderi, ecco emergere la torre in tutta la sua imponenza.

Foto 3. La torre quadrata.

Al piano terra è presente un'apertura, ma per evitare di tralasciare qualcosa decidiamo di non entrare e di scendere ulteriormente lungo il sentiero, per arrivare infine a quello che in origine era l'ingresso vero e proprio dell'abbazia (foto 4). Purtroppo la parte di muro intorno al portone è stata ricostruita recentemente, cementando pietre raccolte in loco: al livello storico è un pugno in un occhio, ma esteticamente rende abbastanza bene (se non altro, si capisce palesemente l'incongruenza, quindi si evitano false datazioni). Una volta entrati, ci si trova in un ambiente di forma rettangolare, con sulla destra un muro continuo alto forse tre metri (vado a memoria), mentre sulla sinistra, in prossimità dell'ingresso, troviamo una bassa apertura che dà su una piccola scala che conduce al primo piano, sovrastante l'ingresso (foto 5).
Foto 4. L'ingresso dell'abbazia.

Foto 5. La parte interna dell'ingresso.

Ci rendiamo subito conto della precarietà della struttura, in aggiunta al pericolo intrinseco dato dall'immediata vicinanza delle mura esterne al precipizio. Camminiamo su un pavimento costituito da tegole e pietre più o meno grandi miste a un'enorme quantità di terra, il tutto tenuto ben saldo dalle radici dei numerosi alberi cresciuti all'interno degli edifici. In asse con l'ingresso, dopo questo primo ambiente, troviamo quello che presumo sia una sorta di chiostro, dato che poco più avanti c'è l'ingresso della chiesa (una chiesa "interna", cioè accessibile da un corridoio o da una stanza la vedo poco probabile, quindi suppongo avesse una facciata esterna). Di essa non rimangono che pochi resti, rappresentati da alcuni tratti del muro anteriore (con la base dei pilastri dell'ingresso realizzata in pietra, oltre ad una mensola sul lato destro squadrata con sorpendete precisione) (foto 6) e di quello posteriore, in cui si intravede un arco a sesto acuto, i frammenti laterali della crociera e ciò che rimane della piccola abside (foto 7). Questo edificio fu costruito sfruttando tutto lo spazio a disposizione, tant'è che la parete di fondo è vicinissima al precipizio. I costoloni, privi di qualsiasi modanatura, sono realizzati da conci in pietra inframezzati da sottili lastre di laterizio.

Foto 6. I resti dei pilastri all'ingresso.

Foto 7. La parte posteriore della chiesa.

M.

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